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Loscuro sacrificio.

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Ero lì sulla ghiaia. Distesa a pelo d’acqua, godevo il filtrare dei raggi di sole attraverso il turchese salmastro. Sfuggita al caos delle località sarde amate dai vip, potevo gustare la fredda corrente di questa piccola baia rocciosa.
Sono in Paradiso, pensavo. Niente faceva presagire che fossi, invece, finita all’Inferno. Un’ombra minacciosa oscurò il sublime connubio cielo/mare ed ebbi solo il tempo di sentire la paura fluire in ogni mia fibra.
Mi ritrovai legata, impossibilitata a difendermi.
Non so quanto tempo passò: ricordo mani nodose e puzzolenti afferrarmi. Riuscivo a vedere ombre bianche in continuo movimento fra piccoli fuochi accesi. Poi, inorridita, mi resi conto che il demone candido mi sodomizzava con qualcosa di scricchiolante e ruvido.
Perché questo oltraggio, questa tortura?
Quale rito satanico stavano celebrando?
Ma il mio tormento prevedeva ben altra atrocità.
Venni innalzata su un calderone e, poi, immersa dentro ad una specie di lava giallastra. Il dolore era insopportabile. Tentavo di emergere ma una mano mi spingeva sempre più in fondo, premendo violenta il mio capo sul fondo. Il liquido bollente passava di strato in strato fino a raggiungere ogni mia cellula. Un supplizio lento e feroce mi stava uccidendo.
E nell’istante in cui seppi d’essere morta accadde l’imprevedibile. Staccata dal corpo, mi libravo nell’aria e potevo vedermi distesa, immobile e paonazza, su un letto di legno.
Quale peccato avevo commesso perché neanche la morte potesse donarmi il ristoro ed evitare che assistessi allo scempio?
La blasfema liturgia continuava. La mano crudele alzò un affilato coltello e squarciò il mio corpo senza vita in senso longitudinale. Estrasse le viscere e, quindi, le tenere carni.
L’orrore era infinito.
Eppure, la stessa mano, come quella di un sacerdote egizio, riprese le carni, ridiede forma al corpo, pietosa lo compose e l’ornò di verdi fronde. Infine, lo depose in un prezioso sarcofago.
Una commozione mi prese: piansi sul mio martoriato corpo, consolata dall’atto finale.
Ma questo conforto durò ben poco.
La salma venne sollevata e posta di fronte ad un mostro vorace che ne divorò ogni singolo pezzo, succhiando oscenamente le membra.
Finito il suo pasto, si deterse la barba atra ed unta e, sghignazzando con i giganti suoi commensali, levò un calice colmo di vino, osannando la perizia del mio assassino.


RICETTA
In una pentola capace mettete acqua, sale, pepe, cipolla, carota, prezzemolo, due foglie di alloro e tre cucchiai di aceto.
Con un pezzetto di carta arrotolata otturate il foro posteriore dell'aragosta viva e, quando l'acqua bollirà, immergetela con forza dalla parte della testa.
Coprite e fate cuocere per 30 minuti.
Lasciate raffreddare l'aragosta nel brodo di cottura, scolatela, asciugatela, dividetela in due parti infilando il coltello nella parte superiore della testa facendovi un taglio nel senso della lunghezza fino alla coda.
Eliminare il budellino, togliete la carne, tagliatela a fette, rimettetela nel guscio e riempite il vuoto della testa con ciuffi di prezzemolo.
Decorate i due mezzi gusci con maionese e foglie di lattuga.
Decorate il piatto con fette di uova sode e con pomodorini crudi ripieni di maionese.

 E. - 23/08/2008 19:25:00 [ leggi altri commenti di E. » ]

paradossale ma anche no, come al solito... il raccontino è delizioso, ma anche l’aragosta, soprattutto seguendo la gustosa (e un po’ barbara, non c’è dubbio) ricetta, mica scherza...

 giuliano - 22/08/2008 23:02:00 [ leggi altri commenti di giuliano » ]

Grazie...

 ly - 22/08/2008 21:17:00 [ leggi altri commenti di ly » ]

Ha ha ha .... viaggi astrale andato a male...
Mi sono divertita a leggere .. soprattutto la ricetta...
ma noi sappiamo la verità...
da ogni cosa nasce il bene..

 Loredana Savelli - 22/08/2008 15:57:00 [ leggi altri commenti di Loredana Savelli » ]

Ecco perchè si diventa (si dovrebbe diventare) vegetariani, anzi vegetaliani!

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